La regina e la regina vergine dell’editoria

Ben ritrovati, lettori miei <3,

scusate l’assenza prolungata e il disordine *dà una spolverata* ma ho l’università, la vita, il guardare nel vuoto pensando al senso della vita *cof cof* a togliermi parecchio tempo, ma eccomi qui.

Parliamo di una questione spinosa con un esempio un po’ sui generis.

Una regina qualunque ma unica nel suo genere: la regina Vittoria d’inghilterra.

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Con un matrimonio d’amore – lei e il principe Alberto provavano un’attrazione reciproca ma fu Vittoria, nella sua posizione superiore di Regina, a fargli la proposta di matrimonio – e la nascita conseguente di ben nove figli.

Accade un po’ così agli autori che incappano con cognizione di causa in una casa editrice. L’autore si propone, la casa editrice accetta (alleluja! *-*) e dà il meglio per lui; vi è un contratto – il matrimonio non è un contratto anch’esso, d’altronde, per quanto un sentimento possa essere sincero? – in cui i ruoli, diritti e doveri vengono definiti.

Ora nessuno sa, per lo meno all’inizio, di essere o non essere il Pierre Bezuchov della situazione: cioè di essere apprezzati non per ciò che si è ma per i soldi che entreranno nella tasche di chi dichiara amore e fedeltà – Pierre, nel romanzo “Guerra e Pace” di Tolstoj, conquista infatti le attenzioni della bella Hèlene solo dopo aver ereditato un’ ingente somma di denaro.

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Si ricorda, infatti, che spesso non è il valore ad essere premiato ma la vendibilità del prodotto e solo in pochi casi vendibilità e valore coincidono.

Ma passiamo alla regina vergine più famosa della Storia: Elisabetta I. Per convenienza politica non si sposò mai ma fu sposa solo del proprio paese.

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Oggi c’è modo di pubblicarsi da soli: un autore può mettere la propria opera sul mercato attraverso la piattaforma online di Amazon, con una versione ebook ed anche cartacea, con ovvia e totale responsabilità dell’autore a cui spetta occuparsi – o trovare figure che si occupino – di editing, grafica e pubblicità.

Ma andiamo al dunque.

Pro di pubblicare con una casa editrice seria:

  • Lavoro di editing;
  • Lavoro di grafica professionale;
  • Pubblicità garantita (con organizzazione di presentazioni);
  • Distribuzione variabile;
  • Essere accettati da una casa editrice gratifica l’autore che prova l’emozione di essere stato scelto, di avere qualcuno che crede in lui tanto da investirvi (e/o nella vendibilità della sua opera);

 

Pro di pubblicare con l’autopubblicazione:

  • Totale indipendenza nel gestire piattaforme e pubblicità;
  • Il 70% sul prezzo di copertina e prospettiva generale di un guadagno maggiore nel caso di molte vendite e/o più immediato;
  • Manifestazione di sicurezza in se stessi;
  • Contatto diretto con i lettori, senza filtri;

Esempi di autori con libri in precedenza o ancora oggi autopubblicati che hanno ottenuto grande successo:

  • Anna Premoli, scrittrice italiana, vincitrice delPremio Bancarella 2013, è uno dei pochi esempi italiani che ha deciso di partire dal self – publishing. Il suo romanzo autopubblicato infatti, “Ti prego lasciati odiare“, dopo aver ottenuto un ottimo successo è stato acquisito dalla Newton Compton ed è finalista al Premio Bancarella. In una nostra intervista, realizzata pochi giorni dopo la vittoria al Bancarella, aveva ribadito come il self publishing fosse una grande opportunità per tutti coloro che vogliano raccontare una storia.

  • John Locke Autore americano che, con la serie dell’ispettoreDonovan Creed (a cui si è interessata acneh Hollywood), ha sforato per primo il milione di ebook venduti su Amazon e che ha così poi attirato l’attezione di una casa editrice chiudendo un contratto con Simon & Shuster, un editore tradizionale. L’autore si è servito della piattaforma Kindle Direct Publishing vendendo i suoi ebook a 99 centesimi l’uo e ora sono tradotti in 29 lingue.

  • Hugh Howey ha scritto nel 2011 la short novel “Wool” autopubblicata su Amazon e, promuovendosi tramite i social, è diventato un caso editoriale da un milione di dollari. E’ riuscito addirittura a gestire da solo la vendita dei diritti per la realizzazione della sceneggiatura da cui Ridley Scott sta per trarre un film ispirato al racconto. La sua ultima vittoria è stata quella di passare alla pubblicazione cartacea con Simon & Schuster senza però rinunciare ai diritti sugli e-book. Nel 2013 ci rilasciò un’intervista in cui,non solo ci confessò qualche aneddoto sulla sua pubblicazione, ma ci raccontò di come l’autopubblicazione rappresenti il futuro del mercato librario.

  • Dmitry Glukovsky è uno scrittore e giornalista russo divenuto famoso in Patria e in tutto il mondo per Gluchovskij è famoso in Russia per tre romanzi bestseller:Metro 2033, It’s Getting Darker (2007) e Metro 2034 (2009) e la prossima privare arriverà nelle librerie italiane anche “Metro 2035”. Le originali scelte di pubblicazione per Metro 2033, hanno portato lo scrittore russo a essere definito come non solo come colui che ha inaugurato il self-publishing, ma è stato sin dalle origini un progetto di cross-medialità. Dmitry ha, infatti, deciso di mettere online tutti i suoi libri gratuitamente e per tutti, volendo così dimostrare che è inutile avere paura della pirateria online, l’autore russo ha sempre pensato che se la storia piace, questa avrà successo indipendentemente da tutto.

  • Amanda Hocking. La storia della Hocking è ormai un caso editoriale di livello mondiale: è iniziato tutto il 15 aprile del 2010 quando l’autrice aveva bisogno di soldi e per guadagnare qualcosa decise di pubblicare i suoi libri sul sito amazon.com, dopo i numerosi rifiuti di pubblicazioni dalle diverse case editrici. La Hocking pubblicò il libro anche su Smashwords per renderlo disponibile anche ai possessori di Nook, Sony, eReader e iPad. Decise di pubblicare Switched , il primo episodio della trilogia Trylle, che in un solo mese le fece guadagnare più di 6,000 dollari. A gennaio del 2011 stava vendendo più di 100,000 copie al mese dei suoi libri e ad oggi la Hocking ha venduto più di 2 milioni di copie ebook col sistema del self-publishing e per 2,1 milioni di dollari, ha concluso un accordo con la St. Martin’s Press negli Stati Uniti e con la Pan Macmillan nel Regno Unito per la pubblicazione dei suoi libri che sono ora tradotti in più di 20 paesi.

Fonte: http://libreriamo.it/curiosiamo/5-autori-famosi-che-hanno-iniziato-con-il-self-publishing/

  • Elisa S. Amore ha autopubblicato il suo primo libro della Touched Saga ed è stata poi selezionata dalla casa editrice Nord ;
  • Carmen Bruni ha autopubblicato “Questione di Cuore” ed è stata poi selezionata dalla Fabbri Editori;

Contro di pubblicare con una casa editrice (piccola e/o poco seria):

  • Eventuali richieste di pagamento (se una casa editrice chiede soldi, non è seria);
  • Editing poco curato o inesistente (o a spese dell’autore!);
  • Percentuale più bassa sul prezzo di copertina (intorno al 10%, ma questo non riguarda la serietà delle case editrici, ma un recupero di guadagni conseguente al pagamento di diverse figure del settore, perciò inevitabile);
  • Distribuzione scarsa;
  • Pubblicità scarsa;
  • Contratti con risvolti spiacevoli (leggeteli bene!);

Come trovare ed essere selezionati da una casa editrice davvero buona? Be’… come in amore ci vuole solo fortuna – ma in questo caso anche talento e non dimentichiamo la vendibilità.

Contro di pubblicare con l’autopubblicazione:

  • Eventuale flop esclusivamente nelle mani dell’autore;
  • Il prezzo di copertina più basso (un prezzo ragionevole di un libro autopubblicato, con o senza editor professionale, non supera i 2,99 centesimi);

Ora, un’opera pubblicata da una casa editrice non è automaticamente una buona opera, così come un’opera pubblicata su Amazon non è necessariamente una cattiva opera; non è il valore ad essere messo in discussione.

Sono le condizioni dell’autore e cosa vuole fare quell’autore della sua vita artistica. Esclusivamente in base a quello ognuno fa la propria scelta, che non è giudicabile.

L’emozione di qualcuno che crede in voi e finire su uno scaffale, anche se fosse quello della vostra piccola libreria di paese per poi magari un giorno crescere in qualche modo, è maggiore di qualsiasi altro desiderio? Scegliete la prima opzione (e vi auguro con tutto il cuore di essere scelti);

vivere (quasi) solo di scrittura è il vostro sogno, come descrivono certi articoli americani (servono almeno tre libri autopubblicati per aspirare a una cosa simile, comunque), con il rischio di non riuscirci? Scegliete la seconda opzione (a meno che non vi ritroviate ad essere la nuova J.K. Rowling nell’altra opzione);

vi interessa solo la condivisione dell’opera con il vostro pubblico, a prescindere da tutto? Valutate entrambe le possibilità.

Che siate una regina nella “norma” o una regina vergine, ciò che più conta è la vostra felicità e la vostra realizzazione.

Semplicemente ciò che vi farà sentire più appagati.

Io mi trovo in un bivio – sì, scrivo da tanti anni e mi piacerebbe far arrivare le mie storie anche a cuori lontani – ma penso che sia più producente finire di revisionare la mia storia e poi pensare bene a cosa fare, senza precludermi niente.

Per il resto…

Buona fortuna a tutti voi, aspiranti scrittori! :3

Arianna

4 pensieri su “La regina e la regina vergine dell’editoria

  1. Beh, invidio gli scrittori che diventano imprenditori di se stessi nel self publishing. Io non ho questa attitudine. Preferisco ancora l’editore tradizionale e (ancora) il libro cartaceo.
    Pesco un haiku (che ha per tema il libro) da un libretto che scrissi tempo fa::

    Trovo un libro
    nel suo cassettone –
    la nostra storia

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    1. Il libro cartaceo si può fare anche col il self 😉
      E’ vero che ognuno ha le proprie attitudini ed è anche bello riconoscere quello che si è mettendosi in gioco. Più però mi guardo intorno, più vedo che la mia Italia – le persone che conosco, i miei coetanei, gli adulti – ha ancora quell’idea sacra delle case editrici e poco gradevole dell’imprenditoria che fa loro guardare il self con molti pregiudizi.
      Grazie per questo bell’haiku! **

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      1. E sì, Arianna, anche in queste cose l’Italia si dimostra indietro. Soprattutto è l’aspetto imprenditoriale che viene guardato con diffidenza, e questo in qualsiasi settore. Se negli Usa ci fosse il clima sociale nostro non sarebbero nati Microsoft, Apple, Facebook, Twitter, eccetera, tutte realtà nate da giovani “visionari”. Negli Usa il giovane che ha nel curriculum due o tre tentativi falliti di intrapresa è valutato molto meglio di chi magari non ha collezionato fallimenti ma dimostra uno scarso o nullo spirito d’iniziativa.

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